Tante destre e un solo ombrello
Ancora di Berlusconi il non facile compito di tenere insieme il centrodestra
di Angelo Abis
Finalmente il 13 e 14 aprile si vota ed è ancora lui a dare le carte nel grande gioco della politica italiana.
Dopo mesi di tattiche più o meno convincenti, di improvvise fughe in avanti e di prudenti ritirate, proprio quando, a novembre, in seguito al parziale fallimento della famosa spallata, buona parte degli alleati lo davano per spacciato e già brigavano per succedergli nella leadersheap del centrodestra, Berlusconi, con un guizzo felino, nello spazio di qualche giorno sparigliava tutti i giochi di destra e di sinistra, anzi rovesciava il tavolo e, con l'improvvisato discorso di piazza San Babila e con successive prese di posizione, a fronte di una strategia invariata (far cadere il governo Prodi e andare a elezioni anticipate), enucleava una nuova tattica ancorata a due capisaldi:
1) accettare l'offerta del P.D. e di Veltroni di una fine dell'antiberlusconismo in cambio dell'aiuto del Cavaliere al varo di una legge elettorale vantaggiosa per entrambi;
2) nascita dal basso di un nuovo soggetto di centrodestra, non più parto faticoso di accordi fra partiti, bensì frutto del plebiscito del compatto popolo del centrodestra.
Non vi è dubbio che detta tattica ha decretato il fallimento dei progetti alternativi dei suoi principali alleati, Fini e Casini. Fini, almeno da luglio 2007, si è reso fautore di un'opposizione a Prodi di tipo "sindacale", ancorata cioè alla sensibilizzazione popolare - anche col supporto della piazza - su alcune grandi questioni (sicurezza e tasse). Questioni da affrontare e possibilmente risolvere in totale autonomia dal Cavaliere, dialogando col fronte governativo.
Quanto a Casini, cadeva il suo assunto che l'opposizione barricadiera di Berlusconi rafforzava il governo Prodi e di fatto ne prolungava la vita.
Ma chi ha reagito male alle mosse di Berlusconi è stato soprattutto il leader di A.N., che, forse anche in ragione della sottovalutata scissione di Storace, ha visto del tutto annullato il suo potere di condizionamento nei confronti del Cavaliere. Ma poiché Fini, cadute di stile e velleitarismi a parte, è un politico avveduto, si è di fatto allineato alla nuova svolta data alla politica italiana ed è meglio così. Forse si è anche reso conto che il "gradimento" e non l'"amore" quasi totalitario che egli riscuote, a fronte di un odio viscerale palesato da strati vasti di opinione pubblica nei confronti di Berlusconi, costituisce, per certi versi, un dato negativo per un leader che ambisce a determinare un forte cambiamento. Già, perché odio e amore sono i sentimenti che accompagnano l'ascesa dei grandi leader e Berlusconi lo è.
Brutte bestie i "grandi": non si accontentano di arrivare al potere, ma lo vogliono per realizzare un proprio progetto rivoluzionario. In genere falliscono e finiscono male, ma senza di loro la storia non cammina, i popoli non vanno avanti, le forze politiche si riducono a consorterie arraffatutto.
La destra, anzi le tante destre italiane, non hanno molte scelte: se vogliono continuare a contare e a esistere politicamente si tengano ben strette sotto l'ombrello di Berlusconi. So che questo costa fatica, soprattutto per chi si sente erede di una grande storia e di una grande politica. C'è una consolazione: col Cavaliere niente "male assoluto", niente "25 aprile" e niente Gerusalemme.