Via allo statuto partecipativo
Ma ora che siamo al governo, la facciamo questa partecipazione? Resoconto di una proposta e di un dibattito
di Roberto Aledda
La partecipazione - e per "partecipazione" intendiamo "la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle imprese" -, con la cogestione e la socializzazione, è stata una delle proposte, ai tempi della destra dell'opposizione, della destra emarginata, della destra in trincea contro l'arco costituzionale, spesso più slogan che proposta, che rappresentava - in una battaglia delle parole troppo spesso persa nei confronti dei nostri avversari - la nostra coscienza sociale, quella del fascismo rivoluzionario, del fascismo ante-marcia e di quello del ritorno alle origini della R.S.I., tanto per intenderci.
Oggi, con la destra al governo, è nata una proposta, anche a Cagliari, sulla possibilità di applicare, attualizzandola e rendendola compatibile alle normative vigenti, la partecipazione agli utili e alla gestione delle imprese in Sardegna.
Lo scorso mercoledì 9 ottobre è stato presentato, durante un dibattito tenutosi nei locali di Via Tel Aviv a Cagliari, al capogruppo di A.N. al Consiglio regionale della Sardegna, uno "Statuto partecipativo" che è così brevemente riassunto:
1) in coerenza con l'art. 46 della Costituzione italiana si ribadisce il principio guida della partecipazione dei lavoratori e della loro responsabilizzazione, partecipando, oltre che agli utili, alla gestione dell'impresa. Si propone un'adesione facoltativa da parte delle imprese;
2) si individua l'organo di gestione dell'impresa - il consiglio di cogestione - e una commissione di vigilanza che esercita anche il ruolo di Collegio arbitrale;
3) si propongono una serie di incentivi per le imprese che aderiscono, a livello di riduzione di oneri fiscali e contributivi e, vista la realtà sarda formata da tante piccole imprese, a quelle che si uniscono in associazioni o consorzi.
La relazione introduttiva di Isabella Luconi ha sottolineato l'importanza del principio della partecipazione alla gestione, e non solo agli utili, presentato nella proposta di Statuto partecipativo, principio che rende il lavoratore attore nel processo decisionale dell'azienda. Altresì, la relatrice ha evidenziato che la proposta presentata - elaborata anche grazie a diversi contributi di idee di diversi tecnici in base alla propria competenza - rende lo Statuto operativo attraverso una serie di leggi e regolamenti attuativi previsti nello stesso, che si ritiene «... possa essere lo strumento più adeguato per creare l'orgoglio di una volontà produttiva, sviluppando quel sentimento di appartenenza alla propria comunità, alla propria terra, alla propria famiglia, in grado di contrastare tutti quegli aspetti negativi della globalizzazione...».
Il capogruppo di A.N., On. Bruno Murgia, nel prendersi carico dell'impegno della presentazione dello Statuto partecipativo al Consiglio regionale, ha rimarcato che questa proposta è in sintonia con la politica del gruppo di A.N. a favore dello sviluppo dell'economia sarda, e la affiancherà alle proposte di legge in fase di presentazione immediatamente finanziabili, a favore della famiglia, del mondo della cooperazione e dell'accesso al credito da parte dei giovani.
Nel dibattito che ha seguito la presentazione della proposta, al quale hanno partecipato lavoratori dipendenti e autonomi, imprenditori e tecnici di I.N.P.S. e Ufficio delle imposte, sono emerse le seguenti indicazioni e proposte:
- è stato evidenziato da Aldo Salvadori che nella normativa vigente è già prevista la possibilità di fare un «contratto di associazione e di partecipazione agli utili» senza agevolazioni fiscali. Strumento poco conosciuto, e quindi poco utilizzato, dalle piccole imprese.
- Agganciando lo Statuto alle incentivazioni oggi in atto nella Regione sarda, Mauro Plazza propone di rendere obbligatoria la partecipazione per le aziende che accedono ai contributi regionali e abbiano la possibilità di applicarla.
- Paolo Truzzu ha sottolineato la necessità di distinguere in questa proposta fra piccole, medie e grandi imprese, con l'esigenza, particolarmente sentita dai giovani, della formazione di "piani quadro" per favorire la creazione di imprese; ha auspicato inoltre una maggiore attenzione da parte della destra al mondo della cooperazione.
Nel dibattito è stato quindi affrontato il problema delle imprese e del lavoro, anche a livello culturale, in Sardegna:
- Beppe Caredda ha denunciato la mancanza di imprese, anzi della mentalità di impresa in Sardegna, e ha quindi auspicato che, prima di una legge sulla partecipazione, si debbano creare i presupposti per fare impresa nel tessuto produttivo della Sardegna.
- Emilio Belli ha denunciato quindi la mancanza di una cultura del lavoro, inteso come associazionismo, nella società sarda, che è individualista per antonomasia.
- Emilio Atzori era perplesso sulla misura in cui la partecipazione possa trovare riscontro tra gli imprenditori e i lavoratori come strumento di sviluppo per le imprese.
- A questi interrogativi, Ennio Pusceddu ha risposto che lo spirito della proposta sulla partecipazione serve anche ad arricchire l'uomo spiritualmente e che quindi può essere un incentivo, anche da un punto di vista culturale e formativo, per la creazione dello spirito di impresa nel tessuto economico e sociale sardo.
- Massimo Atzori e Luigi Usai hanno sottolineato la funzione sociale dell'impresa a carattere partecipativo, che permette al lavoratore, attraverso una partecipazione attiva alla gestione e perciò a una maggiore sensibilizzazione nei confronti delle problematiche aziendali e a una minore conflittualità, di non essere più strumentalizzato e, in alcuni casi, terrorizzato dai sindacati.
- A conclusione del dibattito, Franco Masia ha affrontato il punto forse più controverso della proposta: i lavoratori devono solo partecipare agli utili (come proposto nello Statuto partecipativo) o anche alle perdite? Diverse le opinioni dei presenti, che si riassumono nei seguenti concetti:
- l'impresa è comunque di proprietà dell'imprenditore, e quindi è giusto che sia esso a rischiare;
- il lavoratore deve essere responsabilizzato, per cui è giusto, se c'è da tirare la cinghia, che lo faccia anche lui.
È stato un dibattito ovviamente non conclusivo ma sicuramente costruttivo, che ha visto come protagonista la visione spirituale dell'uomo e la sua centralità rispetto al lavoro. Forse è stato condizionante per i partecipanti il quadro di Giovanni Gentile che spiccava sulla parete della sala!
È una visione dell'Uomo che ci unisce e della quale devono tenere conto i politici che ci rappresentano e che si sono impegnati a presentare questo Statuto partecipativo e le conseguenti leggi al Consiglio regionale. Leggi che non fanno l'interesse di una categoria, di una zona geografica limitata, di una lobby, leggi che non fanno clientela insomma, ma che fanno solo l'interesse generale.
Li marcheremo stretti!
N.B.: si può avere copia del testo della proposta richiedendolo via e-mail o via fax alla nostra redazione.