George Bush nei panni dello Zio Sam
Seneca diceva: «
Quando insegnano, gli uomini imparano». Probabilmente senza conoscere questa massima, un Texano di ferro come George Bush ha capito che la lezione impartita a suon di bombe al popolo afghano aveva portato più di un vantaggio, e per questo andava ripetuta.
Il Ministro della Difesa Donald Rumsfeld e il consigliere per la sicurezza Condoleezza Rice sono stati immediatamente incaricati di frugare nel libretto nero dei nemici U.S.A. e tirare fuori un nominativo spendibile e una trama ben strutturata. La
nomination, da sempre adorata dalla politica-spettacolo statunitense, è ricaduta sul vecchio Saddam Hussein. Dato che il baffuto iracheno stavolta non aveva invaso nessuno stato, i suoi collaboratori hanno messo su un presunto collegamento tra "Mister 11 settembre", Osama Bin Laden, la sua banda di terroristi sanguinari,
alias Al Queda, e il regime di Baghdad. Così si è costituito il solito nauseante asse Washington-Londra, seguito dalle richieste di ultimatum per Saddam.
Il caro vecchio George ha usato, nella sua opera di convincimento dell'opinione pubblica mondiale, toni da bambino: «
Saddam è un bugiardo», va ripetendo da tempo, «
È l'uomo che voleva uccidere il mio papà», aggiunge quasi commosso. Verrebbe da ridere se queste frasi non fossero fatte seguire da propositi realmente bellicosi.
E Saddam? Il
leader iracheno, suo malgrado, continua a prestare facilmente il fianco a queste accuse. Con un comportamento molto spesso ambiguo, il
Rais alimenta sospetti, favorendo chi invoca la necessità di creare nel suo Stato un governo più "amichevole", in sintesi un governo fantoccio. Baghdad ribadisce che gli ispettori O.N.U. saranno liberi di visitare quel che vogliono in Iraq, compresi i palazzi segreti. Ma in passato questi buoni propositi sono stati fatti seguire da repentine espulsioni. Il vice di Saddam, Ramadan, assicura che l'Iraq non possiede armi di distruzione di massa. Ma chi si sentirebbe di affermare con certezza che questo sia vero?
In sintesi, "in medio stat virtus". Alla diplomazia, che resta sempre una nobilissima arte, spetta il compito di risolvere la questione.