Grazie America!
Un titolo ironico che racchiude un "no" secco alla sudditanza psicologica e fisica nei confronti del "Grande Fratello"
di Stefania Burini
È questo il sintetico e accorato appello che lo scorso mese giungeva ai lettori di Excalibur per bocca, pardon... per mano del Gen. Nicolò Manca. Libero da lontani echi... pre-fiuggiani, il nostro Generale ci strimpella mensilmente dolci serenate filoamericane e atlantiste, a ogni rigo un ringraziamento. Grazie America per il supporto offerto durante la Prima Guerra Mondiale, grazie per averci liberato dall'apocalittica piaga del nazifascismo, grazie per averci sfamato e tolto i pidocchi col piano Marshall, grazie per averci liberato dall'assedio delle mosche o forse zanzare e di avere seminato del buonissimo ddt di cui soprattutto la nostra isola avrà lunga memoria (molti ricollegano importanti patologie presenti in Sardegna proprio allo smodato bombardamento di tale sostanza), grazie per il filantropico e quasi messianico impegno nella lotta ai regimi barbari che "odiano le libere elezioni", e ancora grazie, dico io, per la coca cola che ci ha fatto venire la gastrite, per il Mac Donald's che ha seppellito la nostra tradizione alimentare, per i films di John Wayne, per il chewingum, per le servitù militari che occupano una parte consistente della nostra isola. E soprattutto grazie per aver infestato, marcito e violentato sino alla radice l'identità culturale europea.
Ebbene, non posso che prendere le distanze dalla sincera dichiarazione d'amore di stampo fallaciano che arriva dal nostro Generale, soprattutto perché penso che la nostra mamma d'oltreoceano sia stata con il nostro paese spesso matrigna, proprio nelle occasioni in cui Manca cita la testimonianza della sua bontà.
Consideriamo ad esempio la Prima Guerra Mondiale: ricordo al Generale che, in conformità a quanto stabilito dal Patto di Londra, l'Italia interviene affianco alle potenze dell'Intesa, si impegna eroicamente (senza falsa retorica), versa il suo pesante contributo di sangue nella consapevolezza che otterrà quanto stabilito nelle clausole del trattato firmato il 26 aprile del 1915 (il Trentino, il Tirolo sino al Brennero, Trieste, le contee di Gorizia e Gradisca, tutta l'Istria fino al Quarnaro, la Dalmazia, ecc.); a questo punto, quando nel dicembre del '18 siamo in procinto di porre il vessillo italico su terre italianissime, cosa accade? Arriva il cow-boy Wilson a fare un ridicolo proclama di stile messianico, "all'americana" dico io, e a dire al nostro popolo (ignorando un Parlamento democraticamente eletto): «Niente Fiume»... e perché niente Fiume? Semplice, perché la città danubiana per la sua posizione geografica è un fondamentale baluardo economico e politico contro l'avanzata bolscevica (della serie l'Americano perde il pelo ma non il vizio!); e niente Dalmazia, perché il cow-boy decide nei suoi dodici punti che i confini italiani devono seguire la linea etnica! La sua linea etnica. Grazie, perciò, America di averci fatto vincere la guerra... e scippato ciò che ci era dovuto.
Passiamo adesso alla Seconda Guerra Mondiale... E qui c'è un doveroso elogio alla perizia nei bombardamenti che hanno sventrato e sfigurato il volto di città patrimonio del mondo, elogio a un accanimento vergognoso che doveva fruttare l'agognata resa incondizionata, strumento capace di mettere le sorti del nostro paese nelle mani dei comitati di controllo alleati (si fa per dire). Grazie, perciò, America per avere piegato e umiliato un popolo già diviso e martoriato da una tremenda guerra civile, per averci regalato un trattato di pace che per anni ci ha fatto camminare nei corridoi della politica internazionale in punta di piedi e con lo sguardo in basso. E grazie per la riabilitazione concessa in seguito al Patto Atlantico, anche se ci è costato qualche innocua base qua e là per la penisola.
Per quanto riguarda poi l'elogio del piano Marshall vorrei accennare al fatto che questo gesto di grande generosità fu prodotto da una mera strategia politica e da una purissima etica del tornaconto tipica del pragmatismo americano. Quando infatti, al ritorno dalla conferenza di Mosca del maggio '47, Marshall - siamo in clima quasi di politica del contenimento - decide di fare una gitarella panoramica tra le città europee, si rende facilmente conto che le opzioni sono due: o si risolleva l'Europa o l'Europa affonderà nella rete comunista. E a questo punto il grande cuore americano si apre in una dilagante marea di sincera generosità in verde.
Contrariamente a ciò che pensa il Generale Manca, io perciò non ho niente per cui ringraziare l'America. La mia divergenza d'opinione non deve essere però interpretata come una dichiarazione d'amore rivolta alla tribù dei piromani di bandiere a stelle e strisce, o un'espressione di simpatia per coloro che godono della tragedia delle due torri. La mia estraneità alle orde cannaiole di Casarini non mi rende però più vicina alla tribù degli infatuati alla Fallaci, ai cuccioli a stelle e strisce di Giuliano Ferrara, i novembrini sventolatori di una bandiera che non è nostra.
Ma forse in fondo, riflettendoci bene, c'è qualcosa per cui anch'io devo ringraziare l'America, ed è l'esempio, la lezione di vita di cui è stata capace, forza nell'unità... attaccamento alla propria bandiera... il paese della coca cola per una volta sale in cattedra... lo fa da luminare della materia. Tutti in silenzio... grazie per la splendida lezione; in prima fila aprite gli occhi e gli orecchi somari sinistrorsi, fustigatori del tricolore e dell'amor patrio soprattutto.