Stroncature - Nicola Lecca
di Guido Garau
Chi è costui?
Nicola Lecca è un giovane scrittore emergente.
Ha 23 anni ed è nativo di Cagliari, seppur per sua stessa ammissione ("Alice", 1999) ritenga di non avere nelle sue corde nulla della cultura sarda.
Dopo essersi cimentato con una "Guida agli alberghi d'Europa", ha esordito nella letteratura con un romanzo, "Concerti senza orchestra" (edito da Marsilio e finalista del premio Strega), volutamente "retrò", di gusto ottocentesco.
Collabora con diversi giornali e riviste.
Volente o nolente lo scrittore Nicola Lecca, dai più detto "il piccolo Lecchino", si è creato una folta schiera di epigoni fatta da quegli uomini in pigiama che è nostro compito primario debellare per sempre così come si fa con i microbi. Mi ricorda, il buon "Nicolino" - ha paura delle parole come della vita -, un personaggio di non so più quale autore che, vestito di tutto punto, raffinato e blando, scoppiò in lacrime quando un qualche balordo come me, vedendolo così ridicolo, gli fece: «Buh!».
Che carta igienica usi, Nicolino?
E il thé è quello che ti piaceva da bambino?
Coraggio, dì di sì e vai a scriverci il tuo raccontino, arido e vuoto e algido ma così "bellino"...
Lo schiaffo e il pugno, Nicola; le fogne del tuo tempo e della vita; l'amore e il sesso; la merda, sì, la merda, e non quella che oggi ci propini, ma quella dell'esistenza e delle parole; la forza delle parole come merda, e non "cacchina", Nicolino. Queste cose dovrai conoscere prima di stagliarti quanto è lungo il tuo uccello sopra il livello dell'ultimo degli uomini. Di "biscottini" mangiati sotto la lampadina ne abbiamo le tasche piene; e di storie sul proprio ombelico ci bastano quelle del tuo amato Proust.
Vola oltre le nebbie del nostro tempo, Nicola, portaci più in alto, più in su; sii guida forte per noi pecore montate dal caprone tecnologico che tanto ti spaventa - e ci fa male.
Scendi però dai tuoi begli "aeroplanini", o velivoli, come li chiami? Torna in campagna, qui da noi, in Barbagia.
Altro che il tuo mondo ovattato.
Conoscerai gli uomini di cui parlano la Deledda e Salvatore Satta, in quel "libriccino" che ti piace tanto, che "bellino"...
Vieni a conoscere non il cimitero, ma gli uomini della tua gente.
Quando capirai che è la vita che devi osservare, non i cuscini bellini su cui appoggi le "chiappettine", potrai dirci qualcosa di vero. Ma ora taci, per favore, o altri individui saranno portati, come te, a odorare la vita e a non viverla mai: e porterai ancora noi, lupi cattivi, a gridare in faccia ai tuoi sussurri in punta di piedi l'urlo umano e disumano che dice agli uomini: «Cavalcate la Tigre!».