Benito Mussolini ispeziona una batteria antiaerea
a protezione della diga del Tirso
Oltre all'entità numerica era confortante anche la qualità delle truppe, e su questo aspetto la valutazione del Comandante della V Armata merita adeguata considerazione: «
Gli uomini erano nel complesso buoni. Quelli delle divisioni mobili, ottimi; quelli delle cosiddette divisioni costiere, un po' anziani ma anche essi pieni di buona volontà».
L'afflusso dei contingenti di rinforzo aveva portato, nell'aprile del '43, alla istituzione del Comando FF.AA. della Sardegna, sempre agli ordini del Generale Basso, con sede a Bortigali, e in luglio alla formazione di un nuovo corpo d'armata, con la conseguente ripartizione dell'isola in due settori operativi distinti dalla congiungente Punta de Foghe-Torre Murtas.
La parte settentrionale era posta sotto la giurisdizione del XXX Corpo d'Armata, al comando del Generale Giacomo Castagna, con sede a Sassari, dal quale dipendevano la Divisione di Fanteria "Calabria", la 204ª Divisione Costiera, la IV Brigata Costiera e il XXX Raggruppamento CC.NN..
La Sardegna meridionale era invece assegnata al XIII Corpo d'Armata, al comando del Generale Gustavo Reisoli, con sede a Nuraminis, avente alle dipendenze la Divisione di Fanteria "Sabauda", le Divisioni Costiere 203ª e 205ª, il Settore M.M. di Cagliari e il Gruppo Tattico Motocorazzato di stanza a Dolianova.
L'aspetto più sorprendente è che questo complesso dispositivo militare venne messo a punto proprio nel periodo in cui gli Alleati avevano il dominio dei cieli e nonostante la precaria condizione delle infrastrutture portuali e ferroviarie.
Una precisa indicazione in tal senso si ricava dai diari storici dei reparti, i quali accertano che la macchina bellica italiana mantenne fino all'armistizio un buon livello di efficienza, poiché i danni inferti dalle incursioni nemiche furono nel complesso abbastanza limitati anche per quel che riguarda i centri abitati minori e le strutture industriali. Da questi documenti traspare il volto di una Sardegna in armi che si appresta alla battaglia decisiva: la guerra si combatte nei cieli, dove incessanti si susseguono le formazioni nemiche e i duelli fra i caccia, mentre a terra le truppe sono costantemente impegnate fra turni di vigilanza, allestimento di postazioni ed esercitazioni antisbarco con l'impiego delle armi automatiche e dell'artiglieria. In maggio, quando lo sbarco era dato come imminente, cominciò lo sfollamento delle popolazioni dalle zone fortificate e si pose mano all'addestramento dei giovani della G.I.L. per un eventuale impiego come portaferiti, rifornitori di munizioni, informatori o staffette.
Fino alla sera dell'8 settembre, Italiani e Tedeschi rimasero con le armi al piede pronti a respingere l'attacco nemico.
La situazione determinata dall'armistizio è ben evidenziata dalle disposizioni emanate il giorno dopo dal Comandante del XIII Corpo d'Armata: «
Batterie costiere restino in posto alt. Caso tentativi di sbarchi anglo-americani non, ripetesi non, dovranno opporsi con azioni di fuoco, batterie non, ripetesi non, vanno cedute in alcun caso alt. Sono consentite azioni fuoco contro truppe tedesche per eventuali azioni provocatrici da essi tentate alt. Tutte batterie mobili già in posizione siano rese disponibili unità cui appartengono rimanendo attuale dislocazione pronte a muovere seguito ordine questo Comando. Fine - Firmato Generale Reisoli».
Ma per la 90ª Panzer Grenadier e per il XII Battaglione della "Nembo", comandato dal Maggiore Mario Rizzatti, la guerra contro gli Angloamericani non era finita. Rifiutando la resa incondizionata, questo reparto di paracadutisti seguì la divisione tedesca in ritirata attraverso la Sardegna e la Corsica, per poi essere schierato sul fronte di Nettuno dove si batté con grande valore sotto le insegne della R.S.I. Il maggiore Rizzatti cadde combattendo a Castel di Decima il 4 giugno 1944.