Sopra: Filippo Figari, festa di San Costantino
Sotto: statua di guerriero sardo rinvenuta a Monte Prama,
Cabras
Del resto non vi è dubbio che, con riferimento alla Sardegna, si possa parlare di "gruppo etnico" e di "popolo distinto", in quanto si è in presenza di una collettività stanziata da lungo tempo in un dato territorio, un'isola, che presenta alcuni elementi differenziali comuni (carattere, lingua, costumi e tradizioni) e alla quale la storia - nel corso dei secoli e dei millenni - ha dato un comune sentire, un diffuso senso di sé (seppure rimasto per più aspetti a livello incompiuto), così da farne, almeno entro certi limiti, un soggetto attivo di azione storica, per quanto tale collettività sia stata spesso soggiogata e resa subalterna dal soverchiare di gruppi egemoni e altri centri di potere esterno.
Questo diffuso senso di sé, questa consapevolezza di costituire un popolo distinto dai dominatori di turno, si è lentamente sedimentato e, in Sardegna, si è tradotto nel sentimento della nazione, elemento di natura psicologica e immateriale che è coscienza di una propria soggettività culturale e storica e, al tempo stesso, indispensabile premessa di unità e sovranità politica. È l'ulteriore anello che si aggiunge alla catena degli elementi costitutivi classici: popolo, territorio e vincolo giuridico. La nazione, infatti, è tale quando alle ragioni di natura materiale si aggiunge il sentimento comune (inteso come consapevolezza collettiva) che genera la volontà, vale a dire quando gli elementi sopra indicati si unificano e ricevono la forma del volere. Ciò spiega perché non tutti i popoli sono diventati nazione in senso moderno, come pure non tutte le nazioni sono diventate stati indipendenti e sovrani. Ma non toglie che quei popoli distinti, quei gruppi etnici particolari, tali rimangono nel presente e pongono problemi delicati, complessi e urgenti, che richiedono risposte adeguate dagli Stati di cui fanno parte e dalla comunità internazionale, in termini di riconoscimento delle specificità: esigenza che si fa più forte soprattutto quando quei popoli, come nel caso della Sardegna, per contingenze storiche e politiche, non siano stati in grado di esprimere - se non in tempi molto lontani (mi riferisco al medioevo giudicale) - gruppi dirigenti fondatori di Stato.
In tale ambito, per noi Sardi, la discussione sulla natura e i compiti dell'autonomia regionale pone, tra gli altri, il problema di ricercare, nel passato della storia politica e civile dell'Isola, le origini dell'idea autonomista e le forme dell'elaborazione di questo principio-guida dell'azione di governo come si sono manifestate nei diversi momenti della storia isolana. In particolare, la ricostruzione del percorso dell'autonomia sarda va condotta indagando anche il rapporto - studiato, in termini più generali, da Braudel - tra la montagna e la pianura, tra la cultura delle zone interne (siano esse a vocazione agricola o pastorale) e la cultura urbana, soprattutto espressa dalle grandi città.
Va anche detto che, nel corso di oltre settant'anni di autonomia regionale, la Sardegna si è trasformata profondamente sotto i più importanti punti di vista. In particolare è cresciuta la coscienza della propria soggettività etno-storica e politica, che sta alla base della stessa autonomia e delle ragioni della specialità. Ciò ovviamente non è da ascrivere a merito esclusivo dell'istituzione della Regione, essendo in gran parte dovuto all'evoluzione culturale e al processo di crescita civile, sociale ed economica che - pur tra notevoli limiti e contraddizioni - si è verificato a tutti i livelli. Occorre capire sulla base di quali presupposti e attraverso quali modalità il sentimento di identità, di appartenenza e di autonomia si raccoglie, si radica e si approfondisce ulteriormente nelle aree più interne, maggiormente conservative. Tale constatazione, peraltro, non deve portare a ritenere che la nostra tradizione autonomista si sia nutrita esclusivamente di una linfa ancestrale. Infatti, la civiltà e la cultura dei sardi non è solo natura, oralità e coralità, non è solo primitività e istinto, ma è anche e principalmente riflessione e tradizione alta di pensiero politico, giuridico e civile.