EXCALIBUR 95 - dicembre 2016
in questo numero

La Marina italiana nella guerra d'Africa

La presenza sul mare e il controllo delle rotte: esigenza fondamentale

di Silvio De Murtas
Sopra: distintivo della coloniale Regia Marina
Sotto: cacciatorpediniere italiane nel porto di Massaua
L'anno quattordicesimo del Regime può esser considerato come pietra di paragone della giovane marina italiana che, al "metro delle forze ostili", poté misurare la sua capacità d'azione e di vittoria.
Nella complessa vicenda politica che pose l'Italia, forte del suo buon diritto, di fronte all'assurda coalizione di 52 Stati, il fattore navale giocò una parte di preminente importanza. L'ostilità e le velleità di sopraffazione degli altri si appoggiavano alla minaccia che il concentramento della più grande flotta del mondo costituiva per le nostre vie di comunicazioni, arterie vitali dell'ingente corpo di spedizione.
Il possesso di una marina forte, concepita e realizzata con criteri e scopi tatticamente aggressivi, permise all'Italia di rispondere a questa minaccia con un'altra non meno grave. Isolata nel Mediterraneo, essa avrebbe potuto esercitare uno stretto controllo sulle rotte che collegano i due bacini - occidentale e orientale - di questo mare e impedire il libero uso di questa via, che non era soltanto di sfruttamento commerciale ma era l'indispensabile e vitale collegamento fra l'occidente e l'oriente.
Il vantaggio di posizione geografica e le mutate condizioni delle moderne guerre marittime caratterizzate dall'apporto sostanziale dei mezzi insidiosi - mine e sommergibili - e del fattore aereo, erano tali da compensare, almeno in parte, la sproporzione delle forze che un eventuale conflitto avrebbe posto di fronte. In ogni caso, ogni vittoria sarebbe costata assai cara; il rischio sconsigliò gli avversari dal tentare la pericolosa avventura: l'Italia non era più una entità trascurabile.
Fu per questo che le sanzioni si limitarono al campo economico e il trasporto sulle coste del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano di circa quattrocentomila uomini e di ingenti quantità di armi, di viveri, di mezzi indispensabili alla gigantesca impresa poté compiersi liberamente e con piena sicurezza.
Ma non soltanto questo fu il contributo che la Regia Marina diede all'impresa in Africa Orientale; altri settori, altri campi di azione i quali avevano una funzione importante nello svolgimento dell'impresa richiesero l'opera della Marina.
Prima di tutti, si presentò il problema dell'attrezzamento delle basi marittime di operazioni in Eritrea e in Somalia. Le sole località che potevano esser utilizzate a tale scopo erano Massaua e Mogadiscio: né l'una né l'altra erano però in condizioni di poter assolvere, sia pure approssimativamente, un compito che del resto pochi dei porti metropolitani avrebbero potuto assolvere.
Clima, mancanza di acqua e di mano d'opera, traffico che aumentava ogni giorno... questi furono i principali ostacoli e ciononostante la battaglia fu vinta. Erette nuove banchine, vecchi pontili e moli prolungati e allargati, vasti specchi d'acqua dragati e resi accessibili anche ai più grandi piroscafi, costruiti nuovi magazzini, raccordi ferroviari, ampi piazzali di smistamento.
La Regia Marina si assunse il compito di costruire, organizzare e attrezzare le basi: ormai Massaua e Mogadiscio potevano dirsi una base d'operazione adeguata alla grandiosità dell'impresa.
Ma vi furono altri e numerosi problemi, difficili e di urgente soluzione: l'approntamento dei mezzi di trasporto, l'organizzazione e la disciplina nei porti di carico e di approdo, il rifornimento idrico, i provvedimenti sanitari e l'allestimento di naviospedale, l'ampliamento di stazioni radiotelegrafiche: la Regia Marina chiamò a raccolta tutte le sue risorse e impegnò tutte le sue energie e tutta la sua esperienza nel superamento delle mille difficoltà. Tutto l'insieme delle provvidenze prese e la minuziosa organizzazione dei vari servizi ottenuta con "romana perseveranza" permisero di raggiungere la meta.
L'intero corpo di spedizione poté essere trasportato, rifornito, assistito senza ritardi e soprattutto senza che - nemmeno per un solo momento - i Capi avessero a temere l'imprevisto o a sentire troppo remota la Patria.
La natura della spedizione non richiese l'esplicazione di atti operativi sul mare; tuttavia e per l'incertezza della situazione politica internazionale, la Regia Marina fu costretta ad aumentare il nucleo stazionario in Mar Rosso per arginare eventuali minacce contro le vie marittime di comunicazione, e l'accrescimento delle forze navali in Africa Orientale portò come conseguenza la necessità di creare a Massaua una vera e propria base navale capace di concorrere al mantenimento in efficienza delle navi.
In pari tempo, si dovette provvedere alla sistemazione delle indispensabili opere difensive, atte a garantire la sicurezza della base stessa e dei punti strategicamente più importanti di tutta la costa eritrea e somala.
L'imponente mobilitazione di uomini, di mezzi e di energie richiesta dall'impresa africana - lungi dall'allentare il ritmo della diuturna fatica di addestramento della Marina - lo intensificò: la preparazione degli uomini e delle navi divennero perfette sin nei più minuti particolari. Pronta a ogni evento, la Marina fece delle parole del Duce, «Nessuno pensi di piegarci senza aver prima duramente combattuto», la sua fiera divisa e, serena e fidente, veglia ancora sui destini della Patria.
tutti i numeri di EXCALIBUR
VICO SAN LUCIFERO