La sussurrante Italia deve rialzare la voce
Difficile separare l'economia dalla politica estera.
Sino al 2008 l'economia tirava, la disoccupazione era intorno all'8%, la crisi che nel 2008 aveva devastato il sistema bancario americano ed europeo, aveva ben poco colpito l'Italia.
Era in fase avanzata il programma per dotare il paese di 4 centrali nucleari, programma poi bloccato dall'esito di uno sciagurato referendum. Così come era in atto un vasto programma di infrastrutture fra cui il ponte sullo stretto di Messina.
Il tutto avveniva in un quadro politico stabile, almeno sino al tentativo di Fini di eliminare Berlusconi. Ma non vi è dubbio che il nostro relativo benessere e il nostro dinamismo economico poggiavano su alcuni pilastri di politica estera che l'Italia aveva sapientemente edificato.
Il primo e il più importante, complice il conflitto in Iraq e il conseguente grave dissidio degli Usa con l'asse franco-germanico, ci aveva posto nella condizione di affrancarci dall'egemonia tedesca e di scalzare la Francia nel commercio con gli Stati Uniti.
Il secondo pilastro era rappresentato dall'accordo con Putin che ci aveva permesso di penetrare in settori chiave dell'economia Russa.
Il terzo pilastro fu il patto di amicizia con Gheddafi, che in pratica fece della Libia un nostro esclusivo protettorato e un ottimo trampolino di lancio per una penetrazione economica in tutta l'Africa. La qual cosa ci ha creato non pochi nemici, i quali, venuto meno il rapporto privilegiato che Berlusconi aveva con Bush, complice Obama, ci hanno scalzato dalla Libia, con danni incalcolabili, eliminando Gheddafi e gettando quel paese nel caos.
Sono partiti poi all'attacco della finanza nazionale vendendo all'improvviso, su input del governo tedesco, buoni del tesoro italiani per un valore di ben 7 miliardi di euro, per farci capire che o si ubbidiva alla Merkel o si finiva male.
E, per concludere ci hanno costretto a fare le sanzioni a Putin con tutti i danni che ciò comporta.
La crisi economica, i travagli della politica interna, il crollo del nostro peso nel mondo, derivano dalle trappole che i nostri cosiddetti alleati ci hanno teso in questi ultimi anni. Il problema di fondo è che occorre, di nuovo, ragionare in termini di potenza e far valere le nostre ragioni, costi quel che costi.
Occorre forse un po' più di unità nazionale e un po' più di coraggio. Del resto anche i nostri "nemici" non se la passano bene: dalla Francia che è ormai a terra quanto noi, agli Usa di Obama che navigano a vista, alla Germania che in fondo in fondo è sempre, molto più di noi, succube degli Stati Uniti.