La copertina della "Marcia del volontario"
Indubbiamente l'atto politicamente più rilevante di Porrino nella R.S.I. è la composizione di un inno nazionale, che sarebbe dovuto diventare l'inno ufficiale della Repubblica. Su questo fatto sapevamo poco o nulla, sintantoché il nostro amico Piergiorgio Angioni, cultore appassionato di inni, canzoni e spartiti musicali prodotti fra le due guerre dall'"altra Europa", non è riuscito a procurarsi copia del "fascicolo Porrino" facente parte del cosiddetto "fondo Barracu", custodito nell'Archivio di Stato, nonché di una copia originale dello spartito dell'inno, donatagli dalla vedova del musicista, ancora vivente.
Il tutto ha inizio con una lettera che Stanis Ruinas (un altro grande intellettuale sardo di cui parleremo prossimamente) invia in data 23 marzo 1944 al sottosegretario alla presidenza del consiglio Barracu. In essa Ruinas dice testualmente: «
Caro Barracu, un giovane musicista sardo, Ennio Porrino, maestro d'indiscusso valore, autore assai lodato d'opere rappresentate al massimo teatro di Roma e alla Scala, sta lavorando a un inno della Repubblica Sociale. Un gruppo di scrittori e poeti sta preparando le parole; io, che sono stato invitato a collaborare per la parte, diciamo cosi, poetica, non ho ancora sentito l'inno di Porrino, ma coloro che lo conoscono, ne sono entusiasti. A suo tempo, se non ti dispiace, ti farò avere la musica e le parole. Per ora desidero segnalarti l'iniziativa d'un autentico artista sardo destinato senza dubbio alle più alte vette. Ti abbraccio».
La risposta di Barracu non si fa attendere e il 1º aprile invia a Ruinas il seguente telegramma: «
A tua data 23 marzo pregoti darmi possibilità ascoltare musica inno maestro Porrino. Saluti. Barracu».
Porrino si reca a Milano e suona la sua composizione al pianoforte al suo conterraneo. Barracu ne è entusiasta: promette al musicista che il suo inno sarebbe stato pubblicizzato e ufficializzato. Non se ne fa niente, senz'altro perché cose e fatti più importanti, più tragici e incombenti fanno scordare al povero Barracu quella musica.
In ogni caso Porrino, che in precedenza non aveva conosciuto Barracu, ne rimane favorevolmente impressionato, tanto da inviargli, in data 6 maggio 1944, la seguente lettera: «
Comandante, tornato a Venezia, desidero ringraziarvi vivamente per la bontà con cui avete voluto ascoltarmi e per la squisita ospitalità che mi avete accordato. Ho potuto finalmente aprire il mio cuore, senza reticenze, a un uomo onesto, leale e di fede, che aggiunge oggi, ai propri meriti di eroismo, quelli acquisiti nella dura opera di ricostruzione intrapresa. Iddio non potrà non benedire chi, con tanta dedizione e coraggio, ha votato sé stesso a una causa santa e non potrà non salvare alla fine questa nostra grande e infelice Italia. È questo l'augurio di un vostro devoto ammiratore! Nel ritorno, ho parlato col ministro Mezzasoma (Fernando Mezzasoma dirigeva il ministero della cultura popolare, di cui Porrino era consulente musicale, n.d.a.)
che mi ha detto di essere stato informato, da voi stesso, del nostro incontro e dell'audizione dell'inno. Sempre ai vostri ordini, devotamente, Ennio Porrino».