Una tradizionale catena di montaggio
Le recenti dichiarazioni di Giulio Tremonti sull'opportunità di concedere ai lavoratori la partecipazione agli utili e la cogestione delle imprese, hanno suscitato un ampio dibattito. Prima di lui ne aveva parlato il ministro del
welfare Sacconi, ma la notorietà di Tremonti ne ha dato più ampia risonanza. Del resto, egli da tempo insiste sulla necessità di una nuova politica "sociale", contestando il
mercatismo dell'economia, gli scandalosi profitti bancari e i
benefits manageriali, che sono a discapito dei lavoratori, cioè di coloro che concorrono in misura determinate a produrre la ricchezza delle imprese e delle nazioni. Sembra anche deciso a smantellare pilastri intoccabili del liberismo: la "libertà" d'impresa, le storture della globalizzazione, i danni del mercato aperto.
Diversi governanti stranieri sembrano seguirlo, in conseguenza della crisi innescata da speculatori multinazionali che hanno cercato il profitto sulla pelle delle indifese società occidentali. Perfino dagli Usa, fino a ieri patria del liberismo economico, con Obama giungono avvertimenti: il mondo dell'economia deve essere governato dagli stati, e i
manager, quando sbagliano, devono pagare e farsi da parte.
A Tremonti hanno risposto sindacati e imprenditori.
Bonanni della Cisl: «
I lavoratori non devono solo partecipare agli utili in maniera diretta, ma poter collaborare anche nella gestione. Non è più accettabile che i lavoratori paghino per gli errori altrui. [...] Peraltro», ha proseguito, «
un altro settore in cui il controllo dei lavoratori sarebbe utile è quello del credito, specie nelle banche che hanno chiesto aiuto allo Stato». Più chiaro di così... Anche Giampaolo Galli, direttore generale di Confindustria, non ha respinto la proposta (da "La Repubblica"): «
Non siamo contrari. Per molti versi è una strada già intrapresa», perché la riforma dei contratti firmata a gennaio 2009 con i sindacati «
punta proprio a trasferire gli aumenti di produttività sui salari grazie alla contrattazione di secondo livello».
Dal canto suo Renata Polverini, segretario dell'Ugl, si è subito dichiarata d'accordo: «
La proposta del ministro Tremonti sulla partecipazione è un'apertura significativa. L'Ugl da sempre si batte per introdurre la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle imprese, traguardo che rispetto agli altri paesi europei ci vede in ritardo».
Polverini si riferiva ai richiami dell'Unione europea, che invita a promuovere forme di partecipazione dei lavoratori agli utili e al governo delle imprese. Dall'immediato dopoguerra tutti i paesi scandinavi e del centro Europa (Olanda, Francia) hanno adottato forme di socializzazione aziendale. La Germania, col suo modello di
Mitbestimmung (codecisione) applicata a tutte le aziende con più di 2.000 dipendenti, ha disposto che nei consigli di amministrazione siano presenti in misura paritetica i rappresentanti degli azionisti e dei lavoratori, per decidere sul governo aziendale, sulle strategie di mercato, sui premi di produttività dei
manager. Un modello di cogestione che ha permesso al paese di diventare una solida potenza economica e che viene raccomandato dalla Commissione Europea. È curioso che l'Italia liberista riscopra adesso un modello sociale che vide la sua prima attuazione nella prima metà del XX secolo, esattamente il 12 febbraio 1944 (decreto legislativo n. 375) durante la Repubblica Sociale Italiana. Ma meglio tardi che mai.
Nel dibattito odierno le reazioni negative provengono quasi tutte dagli ambienti liberisti. Sul quotidiano economico "Italia Oggi" dell'8 settembre 2009, Marco Bertoncini censura Sacconi e quanti in Parlamento (i deputati del Pd Iachino, Treu e Adragna, del Pdl Castro e Bonifacio) hanno già steso la bozza del decreto sulla socializzazione, stigmatizzandola e dando per scontato che la socializzazione si farà.
Volendo rendere un buon servizio alla proposta, bisogna ammettere che per attuarla oggi qualche aggiustamento dovrà pur essere adottato: l'impresa moderna è ben diversa da quella degli anni Trenta e Quaranta, sebbene, con preveggenza, l'idea fosse nata negli ambienti del "fascismo rosso" (il sindacalista Tullio Cianetti, ad esempio, nel 1937) anche per limitare le concentrazioni industriali e l'incipiente sorgere dei monopoli.
Oggi sono contraddistinte da un capitale transnazionale, non accettano i controlli governativi, prosperano sia nei sistemi del liberismo economico, sia in quelli del liberismo
controllato, come ad esempio in Cina e in Venezuela. Per non premiare indistintamente meritevoli e poltroni, sindacalisti di carriera e veri lavoratori, furbi imprenditori e politici professionisti, annidati nei consigli di amministrazione, per impedire la manipolazione degli obiettivi di risultato e la distorsione di voci economico-finanziarie di bilancio, dovranno scendere in campo la psicologia del lavoro, la sociologia, il diritto, la scienza moderna del
management industriale (
fringe benefits e
golden paracadute, nuovi sistemi di
stock option per le azioni ai dipendenti) e organizzativi (
leadership, gruppi di lavoro, comunicazione, autonomia). Anche l'economia politica (studio della scienza economica) e la politica economica (intervento dei governi per la creazione del
welfare e la redistribuzione della ricchezza, il controllo e l'indirizzo dell'economia) dovrebbero svolgere un ruolo più moderno e incisivo.
Una politica economica osteggiata dal liberismo ma utile al mercato, ben attuata in Italia nella prima metà del XX secolo e meno nella seconda metà. Di quella buona politica economica sono rimaste profonde tracce anche nell'Italia del dopoguerra: il Manifesto di Verona, se al punto XII preannunciava la socializzazione, al IX recitava che «
base della Repubblica Sociale e suo oggetto primario è il lavoro». Sarà anche un caso, ma i costituenti dell'Italia antifascista non poterono fare a meno di sancire all'articolo 1 dei Princìpi Fondamentali costituzionali, che «
l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». È cambiato il numero del titolo, non l'enunciato. Nella III Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, del resto, il deputato Amintore Fanfani, già docente di Corporativismo fascista nel Ventennio, stese una relazione sul "Controllo sociale dell'attività economica", nella quale ebbe l'ardire di parlare di «
immissione di rappresentanti diretti dei lavoratori e dei consumatori nei consigli di amministrazione delle imprese».
Esempi di socializzazione sono evidenti anche in Sud America, in Argentina e Venezuela. Gli esuli cubani, in attesa della fine del regime di Fidel Castro, hanno chiesto a un piccolo sindacato italiano (Culta) notizie sulla socializzazione della R.S.I.. Avutele, il Congresso dei socialisti cubani di Miami ha già steso e diffuso la nuova costituzione della Repubblica Cubana: all'articolo 64 si parla del capitale e del "trabajo" (lavoro) che devono partecipare insieme ai benefici annuali (gli utili, insomma) della produzione industriale o dei servizi del terziario, mentre l'articolo 65 si preoccupa di stabilire che "los seguros sociales" (le provvidenze sociali) siano estese a tutti.
Ci si può domandare perché una destra italiana forte, ispirata a un passato sociale di ampio respiro, non abbia potuto imporre una moderna politica sociale. Ma già negli anni Novanta quello che doveva essere il suo ruolo storico era stato assorbito da una miriade di studiosi e giuslavoristi che con rigore scientifico hanno ripreso le tematiche della socializzazione. Tra questi, in maggioranza di area socialista, citiamo Del Punta, Treu, Arrigo, Veneziani, Scognamiglio, Biagi, ucciso a Bologna dalle B.R., e D'Antona, anch'egli
giustiziato a Roma dai "difensori" dei lavoratori.
Silvio Berlusconi, l'antipolitico combattuto aspramente dalle
lobbies e dai poteri forti, ha scelto tra i ministri alcuni che provengono da ambienti socialisti: Tremonti, Sacconi, Brunetta, Bondi. Che non temono di scontrarsi con i veri centri di potere e che si stanno battendo per la socializzazione. Molti tra noi li appoggiano senza riserve, memori orgogliosi del proprio passato politico.
Un'ultima osservazione: cercate su internet con le parole chiave "socializzazione", "partecipazione agli utili" o simili. Scoprirete con meraviglia migliaia di siti,
blog, recensioni, lezioni universitarie di pregio, convegni scientifici, interventi di quotidiani informatici,
magazine, ecc. che ne parlano tanto diffusamente da non capire più chi sia "di destra" e chi "di sinistra".