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Quando iniziò a occuparsi di politica?
La mia esperienza politica vera e propria, attiva, per meglio dire, può datare al tempo della guerra.
Dovevo laurearmi nella sessione autunnale del 1940, ma affrettai i tempi: mi laureai a giugno e feci immediatamente domanda di arruolamento come soldato semplice. Devo dire che questa mia ferma volontà di andare in guerra fu osteggiata in ogni modo dalla mia famiglia, ma inutilmente.
Fui arruolato nel marzo del '41 e inviato a Siena per un periodo di istruzione. Qui aderii a una lettera, che era stata inviata a Benito Mussolini, con la quale io e un gruppo di altri compagni chiedevamo di essere inviati immediatamente al fronte, in zona di operazioni. Per la verità, io non firmai subito quella lettera, perché ero fuori, in quel momento; ricorsi allora a uno stratagemma: il capitano mi aveva chiesto di battere a macchina l'elenco di tutti coloro che avevano firmato la lettera e io ci aggiunsi anche il mio. E partii con i miei compagni.
Ci imbarcammo a Napoli nel maggio del '41 con destinazione Africa settentrionale, ma la nave che ci doveva trasportare in Libia, il Conte Rosso, fu silurata e affondò, morirono circa 1.800 soldati e persi molti cari amici. Mi salvai e ripartii nell'agosto del 1941.
Giunsi a destinazione, questa volta, e combattei nel IX battaglione carri armati fino al dicembre '41, quando fui ferito. Ritornai a casa, a Sassari e fui immediatamente chiamato nella Federazione fascista e nominato segretario del G.U.F., al quale mi ero iscritto prima di partire in guerra, con qualche difficoltà, perché non volevo incarichi, al posto di Enrico Sanna.
Come segretario del G.U.F. fui impiegato nell'Ufficio Cultura e Propaganda che era diretto dal prof. Francesco Pilo Spada e immediatamente dopo, nel '42, mi pare, diventai direttore di "
Intervento", il giornale del G.U.F. di Sassari.
Attorno a questo quindicinale, che comunque era uscito qualche anno prima, si raccolse un gruppo di universitari, tutti molto giovani, che diedero vita a un movimento che si segnalò subito per l'impegno e il buon livello culturale raggiunti nella stampa di tutta Italia.
Su "
Intervento" scrissero giovani che poi diventarono punti di riferimento nella vita culturale sassarese, come Aldo Cesaraccio, Giuseppe Melis Bassu, Antonio Simon Mossa, Antonio Pigliaru e altri.
Quando cadde il fascismo ci fu uno squagliamento generale, tranne che per il gruppo che la pensava come la pensavo io, e che diede vita al Comitato Regionale Fascista, composto da me, Antonio Pinna, Giovanni Tanda, Vincenzo Scanu, Cesare Belardi, Pino Cardi Giua, Giovanni Russo (noto Ninni), Carlo Bologna, Giuseppe Putzu (noto Pepenzo), Giordano Benetti e Ugo Mattoni, quest'ultimo poi diventò scrittore, giornalista, sceneggiatore e regista col nome di Ugo Pirro. E diventò anche comunista.
Per un certo periodo riuscimmo anche a diffondere un giornale clandestino, "
La Voce dei Giovani", che stampavamo a casa di Ninni Russo con un metodo ingegnosissimo: se avessimo usato un ciclostile ci avrebbero scoperti subito. Comunque, stabilimmo di prendere contatti con la R.S.I. e decidemmo di inviare al Nord dei documenti in cui si dava conto di quello che stavamo facendo a Sassari. Li doveva portare Pepenzo, questi documenti, perché abitava a Olbia e quindi si trovava in una condizione di vantaggio rispetto a noi che non avevamo le conoscenze necessarie per riuscire a trovare qualcuno disposto a traghettarci oltre il mare. Pepenzo riuscì a trovare una motobarca e a partire da Olbia, ma in alto mare la barca venne intercettata da un'unità della Marina britannica, venne perquisita da cima a fondo, furono trovati i documenti, e noi finimmo tutti in galera, tranne Ugo Matto-ne, che rimase latitante fino all'amnistia del 1946. Per anni mi sono chiesto se gli inglesi fossero andati a colpo sicuro...
Questo comitato aveva collegamenti in Sardegna?
Ebbe qualche diramazione a Cagliari e a Oristano, ma non riesco a ricordare i nomi.
Cosa accadde quando uscì dal carcere?
Uscii dal carcere nel 1946. Quando uscii mi resi conto che era successo di tutto. Decine di partiti, i C.L.N. più prepotenti che mai, e mi accorsi che la destra era confluita tutta nell'Uomo Qualunque.
Vi aderì anche lei?
No. Io e gli altri fondatori dell'M.S.I. a Sassari non avemmo niente a che fare con l'Uomo Qualunque.
Era un'ideologia troppo lontana dal vostro modo di pensare?
Anche quello. Però, a Sassari, già dal 1946, si creò un gruppo, ma non organizzato, che aveva in comune la lettura del giornale "
Rivolta Ideale". Proprio all'ombra di questo settimanale nacque a Sassari, intorno al 1947, verso i primi mesi del 1947, il Movimento Sociale Italiano.
Il primo nucleo si riunì in un sottoscala in Via Cagliari: eravamo una decina; ricordo il Rag. Alberto Bertrand, il Rag. Salvatore Mastino e il Geom. Giuseppe Melis. Forse c'era anche Nino Bianchina, non ricordo se era ancora tornato dal campo di prigionia in America.
Quando nacque l'M.S.I. ci furono contestazioni a Sassari?
Sembrerà strano, ma non accadde nulla. Fummo, questo sì, contestati verbalmente, ma la nostra incolumità fisica non venne mai messa in pericolo. L'antifascismo, quello duro, in Sardegna nacque negli anni Sessanta.
Ricorda se al momento della nascita vi schieraste con Almirante?
Sì, ci schierammo con Giorgio Almirante che era il leader della sinistra del partito.
La sezione sassarese, accettò, per la caratterizzazione sociale, i dieci punti del Manifesto di Verona, che era un programma socialista. L'opposizione alla sinistra interna nacque qualche anno dopo, a Sassari. Essa però era basata sul fatto che alcune persone volevano emergere, non c'era un vero e proprio dissenso ideologico. Così, strumentalmente, si appoggiarono al nuovo leader e futuro segretario Alberto Michelini, industriale e rappresentante della destra borghese.
A causa di questi "spostamenti" io, che ero considerato almirantiano, ci rimisi il posto di consigliere regionale.
Sassari, 20 ottobre 1992.