EXCALIBUR 39 - novembre/dicembre 2002
in questo numero

A chi fa ancora paura Ramelli?

A Cagliari una serata dedicata al militante del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 da estremisti di sinistra

di Fabio Meloni
Sopra: i relatori del convegno Guido Giraudo e Pierfrancesco Gamba e il moderatore Fabio Meloni
Sotto: una panoramica parziale del folto pubblico presente
Un'iniziativa nata come una grande scommessa e portata a compimento come un grande successo. La riuscita serata dedicata a Sergio Ramelli - svoltasi nel Teatro Auditorium Comunale di Cagliari nel mese di ottobre - è stata il risultato di un difficile lavoro e dell'impegno di un inedito Coordinamento "La Fiaccola", al quale per l'occasione hanno aderito le associazioni culturali "Area - Paolo Cossu", "Manfredi Serra", "Europa III Millennio" e "Vico San Lucifero".
Proprio l'unione di alcune anime della destra cagliaritana - tranne una volontaria eccezione, comunque ininfluente per qualità e quantità - è stata il primo positivo risultato di questo evento, fatto raro in un ambiente troppo spesso diviso da rivalità che ben poco hanno di politico.
A simboleggiare ulteriormente l'importanza di questo momento unitario, il nome scelto per il Coordinamento. "La Fiaccola" rappresenta la continuità ideale di una comunità che non intende né dimenticare né rinnegare il proprio passato, la propria storia. La fiaccola come simbolo della staffetta generazionale che ha visto giovani e meno giovani uniti nel nome di Sergio e dei valori che rappresenta.
La manifestazione - che ha avuto il patrocinio della Provincia di Cagliari e dell'assessorato alla cultura del Comune di Cagliari - è stata aperta dal convegno "Sergio Ramelli: una storia che fa ancora paura", con la partecipazione del deputato Pierfrancesco Gamba, parlamentare e presidente provinciale di Alleanza Nazionale di Milano, oltre che dirigente delle organizzazioni giovanili del M.S.I. negli anni ottanta, di Guido Giraudo, giornalista (nessuno avrà dimenticato la sua penna sul glorioso "Candido" di Giorgio Pisanò) e autore del libro su Ramelli, e del giornalista Fabio Meloni, rappresentante del Coordinamento.
Gli interventi di Gamba e di Giraudo hanno rievocato la storia di Sergio e il clima degli anni settanta nel quale maturò la spedizione punitiva dei militanti di Avanguardia Operaia. È stato ricordato come la vicenda di Sergio non sia altro che la storia di un gruppo di giovani studenti universitari di sinistra carichi d'odio verso l'avversario politico, tanto da avere la forza e il coraggio, in quel maledetto 13 marzo 1975, di spaccare la testa a colpi di chiave inglese a un ragazzo di 18 anni a loro sconosciuto, secondo una logica di morte che nelle piazze di allora gli faceva gridare che «uccidere un fascista non è reato». Poi, portata a compimento la missione di morte, gli assassini negli anni seguenti terminavano gli studi, sopravvivendo tranquillamente con la propria coscienza per oltre dieci anni, diventando normali e stimati professionisti, formando una famiglia ed educando da buoni padri di famiglia i propri figli. Ovviamente proseguendo la propria attività politica da Avanguardia Operaia (movimento che in quegli anni aveva tra i suoi leader anche Edo Ronchi, più tardi ministro della Repubblica) in Democrazia Proletaria e quindi in Rifondazione Comunista, anche tra i banchi delle istituzioni. Così sarebbe stato ancora, se nel 1985 non fosse arrivata la coraggiosa inchiesta di un giudice milanese che li ha accusati di omicidio volontario, facendoli condannare a pene tra i 6 e gli 11 anni, peraltro scarsamente scontate.
Questo era l'antifascismo militante, la logica dell'annientamento dell'avversario, lo stile di lotta politica di chi, dopo l'omicidio di Sergio, scriveva sui muri «10, 100, 1000 Ramelli» oppure nei cortei gridava: «Tutti i fascisti come Ramelli, con una riga rossa sui capelli».
«La nostra iniziativa - ha sottolineato Fabio Meloni, presentando la richiesta di intitolare una via o una piazza di Cagliari alla memoria di Sergio Ramelli - non va interpretata come un tentativo di riscrivere la storia, ma come la volontà di riaprire alcune pagine della storia italiana, anche recente, che sono state cancellate e volutamente dimenticate. La storia di Sergio non merita di cadere nell'oblio di uno dei tanti scontri di piazza, ma deve restare nella memoria di tutte le generazioni in considerazione dei supremi valori di libertà incarnati nella sua persona, colpevole solamente di aver espresso liberamente le proprie idee. Questa iniziativa vuole accomunare in un'unica pietà i morti di quei tragici anni, ricordando il sacrificio di Ramelli, giovane vittima della violenza politica, come simbolo della libertà negata e monito per le generazioni di oggi e di domani. La sua storia deve restare nella memoria della comunità nazionale come fulgido esempio di coerenza e di fede negli ideali».
Per sostenere l'iniziativa il Coordinamento ha raccolto le firme di oltre un migliaio di cittadini cagliaritani, compresi alcuni rappresentanti delle istituzioni, tra i quali numerosi consiglieri regionali, comunali e circoscrizionali di Cagliari, il presidente della Provincia di Cagliari Sandro Balletto e tutta la sua Giunta, l'assessore comunale alla cultura Giorgio Pellegrini e il vicesindaco di Cagliari Edoardo Usai. Proprio a quest'ultimo, in rappresentanza del sindaco Emilio Floris, assente per motivi istituzionali, è stato consegnato il primo blocco di firme: «Prendo l'impegno, a nome dell'amministrazione comunale - ha detto Usai - di sostenere questa richiesta, individuando un luogo pubblico della città da intitolare a Sergio Ramelli».
La serata si è conclusa con una rappresentazione teatrale del "Coro Drammatico Renato Condoleo" di Firenze, che ha messo in scena lo spettacolo "Chi ha paura dell'uomo nero? Discorso su Sergio Ramelli", scritto e diretto da Paolo Bussagli, interpretato dallo stesso autore, da Marco Gasbarri, Carolina Gentili e Spyridula Nikolopulu.
«Non è strano che esista uno spettacolo su Sergio Ramelli - così l'autore Paolo Bussagli ha spiegato la sua opera - anzi è strano, piuttosto, che ne esista solo uno. Come artista e autore, mi chiedo come sia potuto accadere che nessun poeta, nessuno sceneggiatore abbia mai pensato, fino a oggi, di mettere in scena o in pellicola il caso Ramelli. La storia di Sergio non ha pari nella storia recente e meno recente del nostro paese. La prima impressione che si prova è l'orrore, un orrore che ci offende e ci stupisce. Ci si chiede: possibile che questo sia capitato in Italia negli anni settanta? Nasce così la tentazione di rimuovere questa vicenda, di non crederla, di negarla. Il punto è proprio questo: Sergio Ramelli fa paura. Quando tutti gli Italiani vorranno finalmente riacquisire la propria dignità e riscopriranno che essere coerenti e onesti è un dovere, allora sapranno guardare gli occhi di Sergio Ramelli senza vergognarsi, senza abbassare i propri. Allora, quando Sergio non farà più paura, smetteremo di ricordarlo. Ma fino a quando ci sarà qualcuno che ha paura di un ragazzo di 18 anni ucciso ventisette anni fa, ricordare Sergio sarà un dovere».
Su giornali e tv va in onda la mistificazione.
Mai titolo fu più azzeccato. "Una storia che fa ancora paura": così Leo Siegel sul "Candido" intitolò il suo articolo appena dopo i funerali di Sergio Ramelli nel 1975. Così Guido Giraudo ha voluto intitolare il suo libro che rievoca la vicenda dell'assassinio di Sergio nel 1997. Così il Coordinamento "La Fiaccola" ha deciso di intitolare la serata dedicata a Sergio nel 2002.
A quanto pare, a ventisette anni dal vigliacco assassinio del militante del Fronte della Gioventù da parte degli estremisti di sinistra, qualcuno ancora non gradisce che quella triste e vergognosa pagina di storia italiana sia rievocata. Con qualche lodevole e parziale eccezione, lo dimostrano ampiamente i mezzi di comunicazione locali che si sono distinti nel peggiore dei modi.
Ecco alcuni esempi chiarificatori... Cominciamo dal quotidiano "L'Unione Sarda": prima se l'è cavata con poche righe, scrivendo «Un convegno, uno spettacolo teatrale e una via in onore di Sergio Ramelli per ricordare un giovane di 18 anni ucciso nella Milano degli anni di piombo». Chi era? Com'è morto? Chi l'ha ucciso? Perché è stato ucciso? Per "L'Unione Sarda" è opportuno non scendere nei dettagli. E dopo la manifestazione peggio ancora. Neanche quelle poche e vaghe righe. Come aggravante, le inutili assicurazioni del direttore del quotidiano cagliaritano in persona.
Indefinibile, invece, l'atteggiamento di Vito Biolchini, dell'emittente televisiva "Sardegna 1", che, realizzando un servizio sulla serata, l'ha infarcito di sinistri e mal riposti commenti, criticando organizzatori e partecipanti per la faziosità e la reticenza nell'esposizione dei fatti. E in chiusura, dimostrando di non aver capito granché della serata e delle sue motivazioni, ha elencato una serie di militanti di sinistra (tra i quali ha maldestramente inserito lo "sprangatore" Claudio Varalli, ucciso mentre era protagonista di un'aggressione nella Milano degli anni settanta) che sarebbero stati uccisi dai "fascisti" e che quindi meriterebbero anche loro di vedersi intitolare una via. Così facendo il prode "militante-giornalista" è certamente venuto meno al suo ruolo professionale, che sarebbe stato quello di dare una corretta informazione, lasciando i commenti agli spettatori del suo servizio. A conferma dell'insopportabile faziosità del servizio il fatto che, dopo una vibrante protesta coi vertici della redazione della tv, sia magicamente scomparso dalle edizioni successive.
Dulcis in fundo, il quotidiano "La Nuova Sardegna", il cui soviet ha ben pensato di dedicare zero righe, né prima né dopo, alla manifestazione.
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