Cipriano Efisio Oppo, "L'incinta", olio su tela del 1921
Al crollo della R.S.I. viene prelevato da alcuni partigiani. Lo salva il suo collega d'Accademia, il pittore Afro Basaldella, che militava nella resistenza. Si reca da lui ad abbracciarlo il pittore ebreo Corrado Cagli, fuoriuscito dall'Italia in seguito alle leggi razziali del 1938, che era entrato a Venezia con la divisa delle truppe americane. Cagli era stato un prediletto di Oppo. Lo aveva infatti presentato anche nelle più importanti mostre internazionali, tra cui l'Esposizione Universale di Parigi del 1937, ove espose un quadro di Mussolini a cavallo con la spada dell'Islam. Questo, malgrado fosse oggetto, da anni, di feroci attacchi da parte di alcuni giornali in quanto Ebreo.
Nel maggio del '45 Oppo viene licenziato dall'Accademia. Intuito che a Venezia non tirava aria buona per lui, fugge a Roma, dove rimane nascosto per qualche tempo.
Nel 1947 subisce due procedimenti penali per illeciti arricchimenti, ma viene assolto. Riprende a dipingere e a esporre in varie mostre. Aderisce al M.S.I. e scrive nel primo quotidiano del partito "Azione Sociale".
Nel 1959 è tra i fondatori del prestigioso istituto di cultura "L'I.N.S.P.E." che raccoglie il
fior fiore degli intellettuali, artisti e scrittori della destra, non solo missina ma anche monarchica, liberale e cattolica.
Muore a Roma nel 1962.
Il pittore Filippo Figari, ex segretario regionale del sindacato fascista degli artisti, così si esprime alla morte del suo collega: «
In silenzio - secondo le sue estreme volontà - se n'è andato il pittore Cipriano Efisio Oppo, Sardo per parte di padre, di famiglia ghilarzese, Italiano tra i più fervidi e generosi, come lo furono i Sardi della Grande Guerra. Se n'è andato [...] dopo una vita esemplare, intensamente dedicata all'arte e alla cultura. Una vita di sacrificio, di lotte, di polemiche, spesa senza risparmio al servizio di una intelligenza non comune, di una attività multiforme come pittore, critico d'arte fra i più acuti e sensibili, scrittore e diarista brillante e informato come pochi [...], teso a valutare le energie giovani e i movimenti decisivi per il rinnovamento dell'arte italiana, pagando di persona in ogni vicenda della sua operosa esistenza. Questo fino allo scrupolo, leale nei giudizi e negli atteggiamenti [...], prodigo di consigli e aiuti quando tenne in pugno con prestigio le sorti dell'arte italiana. Partecipe negli anni più giovani del movimento nazionale per l'intervento dell'Italia alla guerra del 1915-1918 [...], fu tra i primi a raggiungere il fronte, dove restò gravemente ferito e fu decorato al valor militare, per rientrare nello studio di pittore e ricostruire un'esistenza che pareva spezzata dalla mutilazione, sopportata con dignitosa fierezza, alieno dalle speculazioni procaccianti di cui fummo in quegli anni largamente testimoni [...]. Fu soprattutto degno figlio della nostra isola, che sempre amò con raccolta devozione, anche se le vicende della vita e del lavoro lo tennero lontano da una partecipazione diretta, nutrendo un costante, quasi religioso rimpianto per i luoghi di cui rievocava ricordi cari e familiari».