EXCALIBUR 18 - aprile 2000
nello Speciale...

La storia - le catture e l'epilogo

Sopra: dopo l'occupazione della Sardegna da parte degli Anglo-Americani e delle truppe badogliane, questo giovane paracadutista fugge dall'Isola insieme ad alcuni camerati. Il gruppo si impadronisce di un bombardiere italiano e raggiunge così la terra ferma. A chi gli domanda perché voglia riprendere a combattere, egli risponde: «I miei genitori perirono a Cagliari in seguito a un'incursione aerea americana»
Sotto: il pane bianco costituisce una parte importante del vitto dei volontari, i regolamenti del nuovo esercito repubblicano fascista prescrivono che la qualità del pane sia sempre ottima / il rancio dei volontari è ottimo e abbondante, il soldato non subisce più le vecchie ingiustizie
Teodoro Francesconi, nel suo libro, dice che nel febbraio del 1944, a Trieste, 28 elementi del battaglione disertarono e si unirono alla Brigata Garibaldi "Triestina". I Tedeschi, forse per questo fatto, sciolsero il reparto e aggregarono 200 militi al Battaglione "Confinari". Con tutta probabilità non fu però sciolto tutto il battaglione, bensì solo il reparto che si trovava a Trieste, dal momento che la presenza del battaglione fu accertata, in data successiva al febbraio 1944, sia a Fiume che a Pola. Si sa, molto genericamente, che i Sardi furono impiegati in operazioni di antiguerriglia contro le formazioni partigiane jugoslave sino alla fine del conflitto.
Secondo Dino Sanna, ai primi di marzo del '44, Padre Usai, sempre su incarico di Barracu, sceglie a Fiume, nel battaglione, un gruppo di volontari che, debitamente addestrato dai Tedeschi a Padova e in Germania, dopo essere stato imbarcato sugli aerei a Bergamo, viene paracadutato in più riprese in Sardegna. Usai tocca terra a "Is Arutas", presso Cabras, il 23 giugno del 1944. Dopo una serie di peripezie viene arrestato dai carabinieri del controspionaggio mentre tenta di raggiungere Alghero in treno.
Gli altri paracadutati sono: il Tenente Pischedda, il Sergente Maggiore Mario Corongiu di Laconi, il soldato Francesco Campus di Macomer, l'aviere Angelo Manca di Villanova Monteleone, il Caporale Antonio Marchi di Zeddiani, l'aviere Virgilio Cotza di Orroli, il Sergente Antonio Mastio di Orani. Essi toccano terra in due notti successive, ma vengono tutti catturati e rinchiusi in una specie di campo di concentramento situato nella periferia di Oristano, in attesa di essere tradotti nelle carceri della stessa cittadina. Dal campo, temendo una condanna a morte per spionaggio, evade il Tenente Pischedda, ma, incappato in una pattuglia di carabinieri, rimane ucciso nel conflitto a fuoco.
Alcuni giorni dopo i lanci, quasi per reazione al fallimento degli stessi, si offre ai Tedeschi il Tenente Gino Mamberti, nativo di Seulo, anche lui amico di Usai, ma non sappiamo se appartenente al Battaglione "G. M. Angioy". Si fa paracadutare nelle campagne di Narbolia, riesce a raggiungere Cagliari, da dove con una ricetrasmittente manda i suoi messaggi a Salò fino alla fine della guerra.
Ultimo lancio, infine, del Sergente cagliaritano Francesco Trincas, quattro mesi dopo, ma anche Trincas viene catturato.
Il 14 agosto del 1944, a Padova in pieno centro, viene ucciso da un gruppo di gappisti del Partito d'Azione il Colonnello Fronteddu, che si trovava in quella città per una licenza. Per rappresaglia furono impiccati e fucilati una decina di partigiani.
Qui finisce tutto ciò che abbiamo potuto sapere sull'unica formazione armata della Seconda Guerra Mondiale composta interamente da Sardi. Quale sia stato il loro impiego operativo, quali le loro perdite e soprattutto cosa è accaduto di loro (anche se purtroppo è facile immaginarlo), allorché il 3 maggio del 1945 i partigiani di Tito occuparono Fiume e l'Istria, è oggetto sconosciuto che attende ancora, a 55 anni dagli avvenimenti, di essere spiegato.
Il battaglione aveva come insegna il fascio littorio con i classici quattro mori bendati dello stemma della Sardegna.
Il fregio delle divise era costituito da un fascio su due "pattadesi" incrociate sovrastate da un teschio.
Un'ultima considerazione sul nome dato al battaglione: «Giovanni Maria Angioy è l'affermato leader della tendenza riformistico-rivoluzionaria [...]. La tardiva marcia di Angioy su Cagliari a capo degli "Insorgenti" si conclude ingloriosamente a Oristano nel giugno del 1796 e l'"Alternos" (Angioy) ribelle è costretto alla fuga [...]. Subito dopo si scatena la feroce repressione contro i fedeli seguaci di Angioy e negli anni successivi l'isola sarda diventa teatro di faide paesane e di azioni di guerriglia». Cosi scrive lo storico Tito Orrù nel saggio "Epopea angioyana".
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