Militanza al femminile (1)
Nessuna distinzione, nessuna facilitazione
di Ludovica Fabrizio
Meritocrazia: questa la parola che si è sempre sentita nei nostri ambienti e che, forse, a distanza di tanti anni di militanza si riesce a comprendere. Nessuna distinzione, nessuna facilitazione, quindi, ogni militante, uomo o donna che sia, si deve distinguere solo per l'azione che svolge all'interno della comunità militante.
È anche vero che il modello femminile che si ricava dalla maggior parte degli autori di destra o che appartengono in un certo modo al nostro ambiente, hanno sempre visto la donna rivolta quasi esclusivamente all'esaltazione di alcuni "princìpi": devota alla maternità, alla dedizione per un uomo, al sacrificio per la Patria. Alcuni esempi: la visione nicciana della maternità «tutto nella donna è un mistero e tutto nella donna ha una soluzione e si chiama gravidanza», la concezione evoliana dell'uomo «votato all'affermazione assoluta»e la donna «alla dedizione assoluta», o la forte misoginia di Mishima.
Le poche eccezioni, vengono fornite da alcuni autori fantastici, come Tolkien, che arriva a una versione quasi misantropa della donna.
Ma sfugge il concetto di donna come soggetto di un movimento politico, capace di ribellarsi concretamente al sistema e diventare un punto fermo per la militanza. Che possa più di qualsiasi altro sentire i problemi che appartengono alla sua sfera politica, significa, in altri termini, da un lato dare delle risposte alle nuove problematiche femminili (famiglia, aborto, pari opportunità, violenza) e dall'altro il rifiuto delle logiche edoniste, individualiste e femministe riscrivendo il ruolo femminile, senza tralasciare comunque la tutela della differenza.
È anche vero che una ragazza a quindici, diciotto, vent'anni inizia a far politica, a militare seriamente. Maggiori i muri che vengono innalzati soprattutto dalle famiglie, dalla società, dai soliti luoghi comuni, che citano la destra come ancora razzista, violenta e maschilista.
Anzi capita ultimamente (ma anche nel passato! n.d.r.), confrontandoci col mondo esterno, che le ragazze siano più attratte da ambienti sinistrorsi, dove aleggia ancora il falso mito del femminismo e dove tutto sembra rifarsi al tanto amato pacifismo sessantottino. La politica in questi ambienti talvolta viene vista come una moda ed è facile tutt'oggi per loro, seguire dei modelli che ormai sono standardizzati e fin troppo radicati nella nostra "moderna" società.
Le nostre battaglie, che sono spesso risultate difficili, hanno sempre visto le donne, molto più agguerrite e impegnate, combattere su più fronti e non solo su quelli prettamente femminili.
È difficile dover spiegare come una donna riesca a districarsi all'interno di un ambiente tradizionalmente maschilista. Il rispetto è la prima regola, e una volta conquistato porta a una soddisfazione maggiore. Per questo la donna di destra non ha alcun minimo desiderio di sentirsi diversa, come può averlo la militante della sinistra, ma tanto meno può accettare l'idea che qualcuno possa mettere in risalto tale differenza.
Nelle manifestazioni, nelle affissioni, nella militanza comune... solo un'unica Comunità, un'unica lotta.