Sopra: Monsignor Pierbattista Pizzaballa
Sotto: Yasser Arafat
Simboli e icone.
C'è voluto il coraggio di Steve Jobs nell'inventare la rivoluzione tecnologica che ha investito il mondo dell'informatica.
L'uso delle icone nell'approccio visivo a quel mondo apparentemente ostico ha di fatto avvicinato la tecnologia all'uomo. Ora le icone sono presenti in ogni apparecchiatura della nostra vita.
Il valore simbolico dell'icona sostituisce le parole: un'immagine esprime un concetto.
La kefiah bianca e nera fu adottata nel 1936 come simbolo rivoluzionario degli Arabi di Palestina a rappresentare la lotta contro gli Inglesi, affinché impedissero l'arrivo degli Ebrei in quella terra. La loro protesta ebbe successo. Gli Ebrei in arrivo vennero confinati a Cipro.
Da allora la kefiah ha sempre rappresentato un simbolo di ribellione, caratterizzando di fatto la componente terroristica di chi la indossava.
Nessuna immagine di Arafat lo vede senza la sua kefiah bianca e nera.
Nessuna meraviglia quindi se il Patriarca latino di Gerusalemme, Monsignor Pizzaballa, ha passeggiato il giorno di Natale per le strade di Betlemme con la kefiah bianca e nera al collo: era in perfetta sintonia con il Gesù bambino che nel presepe di Betlemme era coperto, anche Lui, con una kefiah bianca e nera.
Una perfetta rappresentazione delle proprie idee. E una perfetta mistificazione della storia: un bambino nato Ebreo ricoperto da un simbolo di terrore e della lotta contro gli Ebrei.
Quanta tristezza in questa miseria.