La facciata del Municipio di Guspini
Anatomia di un omicidio.
La sera del 30 agosto del 1947, nella piazza adiacente la chiesa di San Nicolò, in quel di Guspini, il Prof. Antonio Murgia, libero docente della facoltà di medicina, nonché direttore dei laboratori di igiene e profilassi della provincia di Cagliari, si attardava a chiacchierare col medico condotto del paese, Dott. Giovanni Camoglio e col Geom. Silvio Saba.
All'improvviso, verso le 21,15, una mano ignota staccò la corrente che alimentava l'illuminazione della piazza e, in contemporanea, uno sconosciuto lanciava un potente ordigno esplosivo (una bomba a mano offensiva "Breda") contro i tre. Per il Prof. Murgia non c'è nulla da fare: muore all'istante dilaniato dall'esplosione. Il Dott. Camoglio rimane accecato a un occhio, mentre il Geom. Saba riporta ferite di minore entità.
Per caso assiste alla scena il carabiniere Francesco Spanu che si lancia contro l'attentatore: spara e riesce anche a ferirlo, ma, pure ferito, costui lancia una seconda bomba a mano che ferisce il carabiniere e, per fortuna, in maniera lieve, una bambina di otto anni e un anziano.
Il delitto, di chiara matrice politica, allo stato dei fatti è praticamente irrisolvibile: nessuno ha visto l'attentatore e, soprattutto, per le modalità del fatto delittuoso, è impossibile ipotizzare le figure dei complici e dei mandanti.
Insomma, uno dei tanti delitti politici irrisolvibili che ancora nel 1947 insanguinavano le contrade italiane. Piombano a Guspini, nella notte, il questore di Cagliari, Dott. Biddau, e il comandante dei carabinieri Camella.
Da Iglesias arriva il commissario di pubblica sicurezza Michele Savastano, figura centrale nelle indagini, con una caratteristica che allora nessuno pose in evidenza: Savastano, fino al fatidico 25 luglio del 1943, era il commissario dell'Ovra (la polizia politica fascista) della questura di Cagliari. In tale veste si era reso famoso come abilissimo ma "rude" investigatore. Per intenderci, nell'interrogare i "comunisti sovversivi" ricorreva a sistemi non proprio ortodossi. Epurato, fu poi riammesso in polizia a seguito dell'amnistia "Togliatti" del 1946.
Il primo a rendersi conto della situazione fu il maresciallo dei carabinieri Lecis, forse aiutato dal gesto singolare del sindaco comunista Eugenio Saba. Costui arrivò in piazza un'ora e mezzo dopo l'attentato, «
pallido, sconvolto e costernato». Avvicinò il maresciallo e gli disse che era a conoscenza di una conversazione tra il Murgia e il Conte Serra. «
Non ho nulla da temere da nessuno se non da Luigi Tuveri», e proseguì: «
Quell'uomo è capace di tutto; già Tuveri, ecco la strada maresciallo».
Il giorno successivo al delitto, domenica 31 agosto, il sindaco, accompagnato dal senatore Velio Spano e dal dirigente del Pci Giovanni Lay, si presentò in caserma, chiedendo di parlare col commissario Savastano, al quale venne indicato come autore del delitto il Tuveri, in quanto costui conservava rancore nei confronti dell'ucciso per via di un appalto di ghiaia che non era riuscito a ottenere. L'indomani il Tuveri venne arrestato.
In contemporanea, nel cimitero di Guspini, nel cui arco di ingresso campeggiava la scritta "fascisti prenotatevi", venne tumulata la salma del Prof. Murgia. Giunse ai famigliari un significativo telegramma dell'On. Emilio Lussu: «
Rientrato in città apprendo solo ora tragica fine di Antonio Murgia, prego gradire espressione mio grande cordoglio per ingiusta fine, onesto cittadino, valoroso combattente».