Il Maggiore G.N. Giulio Fenu
La sera dell'8 settembre 1943, Supermarina da Roma comunicava alla base navale italiana di Bordeaux che il governo aveva firmato l'armistizio, ordinando di affondare i sommergibili.
Il Maggiore del Genio Navale Giulio Fenu, come altri, ebbe un moto di ribellione. Per Fenu l'ordine arrivato a Betasom aveva dell'incredibile: affondare i battelli e reagire con cannoni e mitragliatrici contro i Tedeschi: distruggere mezzi e installazioni e chiedere loro, come fosse normale, di mettere a disposizione vagoni ferroviari per tornare in Italia.
Il comandante Enzo Grossi impose agli ufficiali di non diffondere le richieste di Supermarina: avrebbe parlato con la sua gente di lì a due giorni, perché, prima di tutto, bisognava impedire un bagno di sangue. Per Grossi era un ordine infame e l'onore militare ne sarebbe rimasto macchiato. Poteva parlare così perché aveva di fronte marinai abituati a battersi in condizioni difficili. Fenu era tra questi e non era uomo da poco.
Nato a Villanovaforru (ex provincia di Cagliari, oggi Medio Campidano) il 29 ottobre 1906, aveva trentasette anni e una lunga carriera alle spalle. A diciotto anni era stato allievo della Regia Accademia Navale, Corso Ufficiali Macchinisti, a ventiquattro aveva già conseguito la laurea in ingegneria navale. Dopo diversi imbarchi su mezzi insidiosi italiani, fu infine destinato nel 1935 sul sommergibile "G. Finzi" col grado di Capitano del Genio Navale. Con il battello "Legionario" aveva partecipato alla Guerra di Spagna col comandante Alvise Paluello.
Aveva sangue freddo: il "Finzi", il 20 agosto 1937, di fronte alla costa di Valenza si era scontrato in emersione con due "cacciatorpediniere rossi", come recita il suo foglio matricolare, e fu solo la sua abilità a salvare il battello. Gli conferirono la medaglia di bronzo al v.m. e l'autorizzazione a fregiarsi del nastrino commemorativo delle "Operazioni Militari in Spagna". Due anni dopo ebbe la medaglia d'argento di 1a classe «
per aver ideato un valvolone per scarico di gas combustibili dei motori termici», recita ancora il suo matricolare.
Non era ufficiale di "poltrona", e non rimase molto a Roma nella nuova destinazione al Comando Superiore Sommergibili (1938-1939). Il 30 agosto 1940, a conflitto iniziato, ebbe ordine di trasferirsi in Atlantico per assumere il comando del Servizio Genio Navale della base da realizzare.
Con l'ammiraglio Parona fu tra i primissimi ufficiali a mettere piede a Bordeaux, in una zona portuale messa a disposizione dalla Kriegsmarine. Mise a frutto la sua inventiva e le cose apprese a diciotto anni.
Fece sistemare rapidamente i generatori portati dall'Italia, le tubature dell'acqua e dell'aria compressa, i capannoni e gli alloggi. Dopo aver studiato il corso fluviale della Gironda, suggerì e ottenne di creare una base più vicina al mare, a La Pallice, a nord dell'estuario della Gironda, più adatta a ospitare i sommergibili oceanici italiani, troppo grossi per risalire i bassi fondali del fiume. Bordeaux andava bene per gli U-boot tedeschi, più moderni e di minor tonnellaggio.
Aveva anche compreso che i sommergibili italiani erano vulnerabili per la guerra atlantica: erano pesanti, avevano motori diesel rumorosi e un periscopio limitato. Anche gli ufficiali germanici lo avevano fatto notare al Comando italiano con tutto il tatto possibile. Tuttavia, per gli Italiani non era una ragione per non lanciare in acqua i trentuno sommergibili.
Con il peggioramento dell'andamento della guerra nel Mediterraneo, Supermarina, nell'estate del 1941, richiamò dieci sommergibili. Da dicembre 1940 ad agosto 1943 erano affondati ben sedici sommergibili della base, tra i più celebri nella Regia Marina. Con 109 missioni di guerra nell'Oceano avevano affondato 593 mila tonnellate di naviglio nemico. Il solo "Da Vinci", comandato da G. Gazzana Priaroggia aveva mandato a fondo 17 scafi nemici per un totale di 120 mila tonnellate. Scomparve con l'equipaggio al largo di Capo Finisterre il 23 maggio 1943.
Fu proprio Fenu, prima che il sommergibile prendesse il mare per l'ultima missione, a far smontare il cannone di prora ricavando una "culla" per il piccolo sommergibile, bloccato sul ponte da due enormi tenaglie magnetiche. C'era il massimo segreto, ma gli ufficiali sopravvissuti hanno raccontato che l'"oceanico" era anche in grado di generare corrente elettrica per le batterie del minisommergibile.
Il "Da Vinci" divenne così un "canguro" capace di portare il mezzo alla foce dell'Hudson per risalire il fiume fino a New York. Gazzana Priaroggia, probabilmente, oltre alla ricerca del naviglio nemico ne stava collaudando la stabilità in mare. Gli conferirono la medaglia d'oro alla memoria.