Sopra: il Comandante Primo Longobardo in una rara fotografia
Sotto: il "Longobardo" in navigazione nel Mediterraneo, uno dei due sommergibili classe "Tench" ceduti dalla Usa Navy alla Marina Militare Italiana all'inizio degli Anni Settanta (l'altro fu il "Gazzana-Priaroggia")
Tutti i comandanti "atlantici" si erano coperti di gloria.
Anche l'ultima impresa del sardo Primo Longobardo (La Maddalena, 19 ottobre 1901) aveva suscitato ammirazione. Nel 1941, al comando del "Torelli", aveva affondato quattro mercantili.
Quelle azioni, dopo la medaglia d'argento per la Guerra di Spagna (era stato anche lui un "legionario") gli valsero una seconda medaglia d'argento al valor militare. Poi il capitano di fregata Longobardo fu destinato alla scuola italiana di sommergibilismo di Gotenhafen, in Pomerania, ma non ne prese mai il comando, perché desiderava riprendere il mare.
Allora lo destinarono al suo vecchio sommergibile "Calvi", col quale aveva concluso la Guerra di Spagna. Il 12 luglio 1942 il sommergibile diresse verso la Sierra Leone, dove Betasom segnalava un convoglio britannico scortato da navi da guerra. Il caposcorta nemico Lulwhorth lo individuò quasi subito con l'ecogoniometro, e i tre lanci di bombe di profondità provocarono tali danni da costringere Longobardo a emergere e accettare il combattimento col cannone.
Non fu solo una scelta personale. Il comandante, falciato da una bordata nemica, cadde all'inizio dello scontro insieme al sottotenente di vascello Guido Bozzi, ma il suo secondo Gennaro Maffettone ordinò di proseguire l'azione. Colpito anche lui, il direttore di macchina Aristide Russo e l'equipaggio, sebbene col battello in fiamme e il ponte coperto di sangue, non accettarono la resa che intimava il Lulwhorth.
Dalla nave scese un ufficiale inglese con l'intenzione di dichiarare il battello preda della Royal Navy. Russo lo scaraventò in mare, ordinando di proseguire nelle operazioni di autoaffondamento. Eseguita la manovra, il sommergibile scomparve in mare trascinando negli abissi l'ufficiale britannico e più della metà dell'equipaggio italiano.
Quel cruento e superbo spettacolo impressionò gli equipaggi inglesi, che trattarono i pochi superstiti con ammirazione. A bordo del Londonderry, il Capitano di Fregata Dalison, quando seppe il nome del comandante italiano, mostrò commosso a Russo un portasigarette d'argento sul quale era inciso il nome di Primo Longobardo. Erano amici, era un suo regalo, si erano conosciuti a Shangai nel 1929. Anche Longobardo e Maffettone ebbero la medaglia d'oro alla memoria.
Altri "oceanici" erano in ristrutturazione giacché, con la loro capacità di stivaggio, avrebbero contribuito più efficacemente alla guerra, trasportando dai territori occupati dai Giapponesi le materie prime di cui le forze dell'Asse erano sprovviste. Alcuni di questi fecero la spola portando chinino, mercurio, gomma, stagno e altri materiali preziosi per l'industria bellica.
Tre sommergibile atlantici ("Cappellini", "Giuliani" e "Torelli") proseguirono la guerra con equipaggio italiano fin dopo la caduta della Rsi e la fine della Germania.
Il "Cappellini" fu addirittura l'ultimo battello "giapponese" a cogliere l'ultima vittoria "aerea" nipponica in Estremo oriente quando, il 2 agosto 1945, a colpi di mitragliatrice riuscì a tirar giù l'ultimo bimotore Usa da bombardamento.