EXCALIBUR 6 - novembre 1998
in questo numero

Partecipazione nei partiti (1)

Partecipazione... nelle imprese, ma non solo

di Paolo Cossu
La vignetta di Demetrio (cliccare sull'immagine per ingrandire)
Per i cittadini dell'antica Grecia, "partecipare" alla vita della loro città era quasi un "lavoro", e comunque un dovere; addirittura, "chi pensava solo ai fatti propri" veniva considerato inutile e veniva definito "idiotes" (da cui il nostro "idiota"). Ne deduciamo che fin dalla nascita della Politica, la partecipazione dei cittadini alla vita della Città e dello Stato è uno dei presupposti fondamentali della Politica stessa.
Dal nostro punto di vista, inoltre, vediamo la partecipazione come un grande antidoto al modello di società individualistica e iperliberista, che tende ad allontanare il cittadino dalla Politica, indirizzandolo verso un egoismo esasperato, privandolo delle informazioni e delle conoscenze che lo renderebbero invece capace di intervenire e di influenzare la vita sociale e politica.
La realtà U.S.A. (scarsa affluenza al voto, diffusa ignoranza delle elementari nozioni storico-politiche e a volte persino geografiche) è l'esempio vivente di quel percorso. Anche in Italia, termini come "la politica", "i partiti", suonano sempre più spesso come parole brutte e un po' antiquate; sempre più spesso, di fronte alla crisi della politica (linguaggi tutti uguali, interessi individuali prioritari di fronte all'interesse comune), si assiste al rifiuto di essa.
Dobbiamo essere però coscienti che questa strada porta, di fatto, all'instaurarsi di un "regime totalitario", nel quale le tecnocrazie, prendono inevitabilmente il posto delle democrazie, e nel quale gli interessi economici prevalgono sugli aspetti etico-politici di un popolo.
L'unica risposta che si può dare è, quindi, quella di spingere fortemente per un'azione politica che tenda a una maggiore partecipazione intesa non solo come intervento, ma anche come partecipare "per prendere le parti di una parte", partecipare con la propria parte, con le proprie passioni, con le proprie posizioni, in conflitto con le partecipazioni e con le opinioni altrui; conflitto dialettico e perciò politico, attraverso il quale crescere, arricchirsi, acquisire conoscenze, capacità, linguaggi sempre più elevati, in grado di confrontarsi con le conoscenze, le capacità, i linguaggi delle altre parti; è questo, e non altro, il campo in cui si misura la bontà delle proprie ragioni!
Analizziamo anche un altro aspetto di partecipazione: quella degli iscritti, dei simpatizzanti, degli elettori di un partito alla vita e alle scelte del loro partito.
Uno dei principali motivi della crisi dei partiti tradizionali è che gli iscritti venivano spesso considerati solo dei numeri, delle tessere, dei voti, e quasi mai come degli uomini, come dei portatori di idee, di passioni, di culture.
Anche a destra questo comportamento è stato prassi frequente, e il "frazionismo politico", gli abbandoni con ritorno al privato, sono lì a dimostrarlo.
Se si vuole ridare dignità ai partiti si deve far partecipare veramente gli iscritti, i simpatizzanti, gli elettori; si deve dare loro stimoli, si deve coinvolgerli, ascoltarli, ma soprattutto si deve dare loro la certezza di poter elevare il proprio livello di influenza nelle decisioni e nelle scelte.
In Alleanza Nazionale questo lo si sta iniziando a fare: le primarie a Roma per i candidati alle provinciali, le riforme statutarie che prevedono assemblee generali degli iscritti al posto dei vecchi congressi, la riduzione drastica dei delegati di diritto al congresso nazionale, l'elezione diretta di tutti i dirigenti, sono tappe importanti nel progetto di maggior partecipazione che si vuole realizzare. Il coinvolgimento continuo, l'"andare fra la gente", l'aggregazione e la responsabilizzazione, la crescita culturale sono le tappe obbligate se vogliamo evitare l'abbassamento del livello, la perdita dell'identità, l'impoverimento del nostro linguaggio.
Sempre che, invece, qualcuno non preferisca essere idiotes.
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